velletri proiezione secondo ponzio pilato
Il 19 Aprile in attesa della Pasqua presso la “Sala Luigi Magni” alla stazione ferroviaria con inizio alle 17.30 la proiezione di un film poco noto firmato dal maestro nel 1987 che ha portato Nino Manfredi alla vittoria del Globo d’oro quale migliore attore protagonista

Velletri – Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa della Fondazione museo Luigi Magni e Lucia Mirisola:

Secondo Ponzio Pilato è il secondo film di Luigi Magni, diciamo a tema religioso, che dimostra che il regista non era affatto un anticlericale, anzi tutt’altro un uomo che credeva eppure molto. Questo film nasce da un profondo studio dei vangeli apocrifi, dove ha tratto questi aspetti diciamo non canonici della personalità del governatore romano, presentandolo roso dai rimorsi per aver mandato a morte un innocente.

Infatti il primitivo titolo dell’opera doveva essere “Il Vangelo del rimorso”, anche in questa occasione un enorme lavoro dal punto di vista scenografico e di costumi da parte della Signora Mirisola, gran parte del film è stato girato in Tunisia alcuni interni sono stati ricostruiti in teatro a Cinecittà, determinante è stato il contributo della famiglia De Angelis per quanto riguarda la scultura di scena.

I costumi sono stati realizzati dalla Tirelli ed oggi sono conservati nella collezione della prestigiosa azienda 17 volte premio Oscar, il film come abbiamo detto precedentemente ha le musiche di Angelo Branduardi.

LA VICENDA: Ponzio Pilato è turbato per la condanna a morte che, cedendo alle pressioni dei sacerdoti Anna e Caifa, ha inflitto al “mago” Gesù nonostante l’onestà appassionata e coraggiosa difesa di Giuseppe di Arimatea, magistrato e membro del Sinedrio, e nonostante il sogno di Claudia, la moglie. Lo è ancor più per i segni, ai quali però continua a non voler credere, che accompagnarono quella morte (il terremoto con le statue dei romani che s’infrangono nel pretorio, il velo del tempio incendiato, ecc). Vuole costatare di persona quella morte; e, in quanto alle chiacchiere della “resurrezione” temendo un trafugamento della salma per farla credere, appone guardie al sepolcro. Ma Gesù risorge davvero tra lo sgomento dei custodi e invita le donne ad annunciare ai suoi discepoli che li precederà in Galilea. Longino, il responsabile della custodia del sepolcro (quello che aveva trafitto il costato al Crocefisso), diserta per andare a raggiungere il morto – vivo.

Pilato pensa subito che sia stato Giuseppe di Arimatea a trafugare nella notte il cadavere e lo fa ricercare; ma questi non poteva essere stato poiché, condannato a morte dai sinedriti per aver difeso Gesù, era stato rinchiuso nel loro carcere in attesa del supplizio. Gesù, risorgendo, lo aveva miracolosamente liberato. Il pur fedele centurione (come semplice legionario, aveva assistito allanascita di Gesù l’aveva rivisto un giorno e s’era sentito dire: “io sono la parola”), fugge anch’egli con Claudia, Pilato cerca di inseguirli con i suoi soldati, ma un angelo lo blocca, scaraventandolo a terra da cavallo. Pur sempre ostinatamente incredulo anche di fronte a quei fatti prodigiosi, fortemente però incuriosito e forse spinto interiormente, va anche lui in Galilea con un grande seguito, adducendo la scusa di voler cercare la moglie fedifraga e di visitare Erode che tante volte l’aveva invitato a godere della sua corte licenziosa. Erode era tappato in casa per paura di quel Nazzareno.

Qui Pilato non batte ciglio quando Erode minimizza la strage degli innocenti compita dal padre e s’addormenta alla … millesima danza dei sette veli di Salomè. L’indomani, sul monte, assiste all’ascensione di Gesù e incontra i fuggitivi; ma orami tutti, anche soldati e seguito, lo abbandonano. S’incammina verso Gerusalemme con solo un asinello scampato alla fuga generale; ma anche questo, ad un dato punto si rifiuta di seguirlo. A Gerusalemme trova una grande carneficina di giudei e lui stesso viene destituito e arrestato: Tiberio Cesare infatti, avendo sentito parlare di un medico di Palestina che guariva tutte le malattie anche la lebbra (da cui egli era afflitto), con la sola parola, era ivi accorso, ma aveva trovato che Ponzio Pilato per istigazione dei giudei l’aveva ucciso. In carcere incontra Barabba e non un’ipotetica “sora Veronica”, aveva pietosamente asciugato il volto di Gesù nel suo tragitto al Calvario con un sudario, ricevendone in compenso l’immagine; ora, incarcerato di nuovo come rivoluzionario, per manifestare la propria gratitudine a Pilato che lo aveva graziato al posto di Gesù, gli offre quel sudario affinché ottenga vita guarendo l’imperatore.

E infatti così avvenne; ma Pilato chiede a Tiberio di essere punito come assassino di Gesù, mentre chiede la grazia che venga sospesa la strage degli ebrei innocenti di quel sangue, di cui sono invece colpevoli i suoi capi. La moglie Claudia lo raggiunge al pretorio con il centurione, ma invano tenta di dissuaderlo dal farsi giustiziare. Mentre avverte ormai che quella di Gesù è cosa vera, Pilato quasi in polemica con tutti che si sono voltati a Cristo senza una matura riflessione (ci vorrebbero cent’anni dice perché io maturi dentro quello che è successo), chiede una moneta al centurione per pagare Caronte il traghettatore dello Stige, si da morire “da romano” secondo la tradizione e offre il collo al carnefice. Quando la scure sta per abbattersi violentemente, appare l’angelo e gli dice: “tutte le generazioni di chiameranno beato, perché sotto di te hanno avuto compimento le cose preannunciate dai profeti e tu stesso, come suo testimone, comparirai quando ritornerà a giudicare le dodici tribù di Israele e quelli che non avranno confessato il suo nome; e si copre il volto con il rosso mantello in segnò di pietà.

IL RACCONTO: Con una mescolanza di elementi narrativi ricavati sia dai sinottici, sia dai vangeli aprocrifi (particolarmente da quello da Nicodemo, p.e. per il particolare dei labari che si inchinano fino a terra al passaggio di Gesù all’inizio e, alla fine del suo sudario che Pilato porta in tasca) sia dei medioevali “Acta Pilati” con pochissimi adattamenti personali di Magni (salvo la struttura narrativa cinematografica), il film è sostanzialmente di vicenda, ma “presenta due grossi perni strutturali semiologici” che ne indicano chiaramente il significato, non solo salvandolo sul filo del rasoio da un’impostazione a “pseudo tematica” bensì dandogli un certo valore universale. Il primo perno è l’uso del romanesco come linguaggio e come diciamo modo di vivere (p.e. Giuseppe d’Arimatea viene chiamato “sor Giusè”. Pilato “eccellenza”, si parla di “pennichella”, ecc); il secondo è la caratterizzazione dei personaggi e primo fra tutti Pilato e delle loro azioni, che evidentemente non interessano in funzione della storia, bensì è questa che interessa in funzione loro.

IL PRIMO PERNO: Nel film tutti parlano e si comportano in romanesco, tranne i sacerdoti, l’angelo e qualche personaggio minore. Pilato, poi, è un magnifico Manfredi popolano trasteverino, villano e spumeggiante, ben poco rappresentante sfarzoso dell’impero dell’impero, certamente più vicino a Trilussa che a Tacito o Ovidio. Orbene è noto che l’interpretazione romanesca sia del parlare sia del vivere ch’è poi quello di Pascarella e, appunto, di Trilussa, quindi relativamente recente, non è quella degli antichi romani, tanto meno quella imposta dai romani alle popolazioni dominate. Non solo; ma scenografie, ambientazioni (poco palestinesi) e costumi sono ispirate in gran parte alla pittura manierista (particolarmente l’angelo) e orientalista tardo ‘800, ai tempi dell’istmo di Suez ma anche ai classici, p.e. a Raffaello nell’Ascensione; la sceneggiatura e la recitazione sono pregne di umorismo e di ironia, soprattutto nei confronti del potere di Roma, mentre i sacerdoti giudei sembrano dominare la situazione, così che il vestirsi con braccano meridionale, come fanno spesso Pilato e il centurione (ma Erode è vestito alla romana), insinua ironicamente un assorbimento dei romani nei costumi delle popolazioni soggiogate quasi a contrappeso del “Roma
capta ferum victoria coepit “ ( Roma dominata ha dominato il vincitore); Tiberio non è andato affatto in Palestina a cercare Gesù e pare sia stato si Tiberio a far giustiziare Pilato, ma a Roma e non a Gerusalemme; i dialoghi rispecchiano perenni tematiche mai viste con mentalità di oggi e non con quella del tempo; la musica si immerge completamente nell’epoca moderna. E’ chiaro dunque che il film non intende affatto realizzare una ricostruzione storica dei fatti. Ma nemmeno intende darne un’interpretazione favolistica: c’è infatti troppo rispetto per azioni e personaggi che il vangelo narra esplicitamente (salvo qualche dettaglio, come quello del lenzuolo non piegato nel sepolcro e nonostante una notevole libertà di ispirazione); d’altronde, c’è troppa attenzione alla vero somiglianza, sia pure uomoristica, nel raccontare azioni e personaggi desunti da extra sinottici (p.e. Esterina, la ricostruzione esistenziale dei personaggi Pilato, il Centurione, Giuseppe di Arimatea, Barabba).

QUI per leggere altre INFO simili – QUI per consultare la nostra pagina Facebook