(Adnkronos) – La strage di Ustica potrebbe restare senza colpevoli. La Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione dell'indagine sulla tragedia del Dc-9 Itavia. Il 27 giugno del 1980, mentre era in volo da Bologna a Palermo, l'aereo scomparve dai radar e precipitò nel mare, tra le isole di Ponza e Ustica, portando con sé la vita di 77 passeggeri, tra cui 11 bambini, e quattro membri dell'equipaggio. "In questi anni siamo passati dall'amarezza allo sdegno, allo sconforto, alla nausea. Ma l'unico sentimento che in me, finché sono vivo, non avrà mai spazio è la rassegnazione. Lo devo a mia sorella e a mia nipote, lo devo ai miei genitori morti senza conoscere la verità". Anthony De Lisi, fratello di Elvira e zio di Alessandra, due delle 81 vittime della strage di Ustica, è visibilmente commosso. "Mi vergogno di alcuni apparati dello Stato e dei rapporti con quei Paesi che sono presumibilmente coinvolti in questa vicenda – dice all'Adnkronos -. Da 45 anni, ogni giorno, uccidono queste 81 persone". Già in passato De Lisi non aveva esitato a parlare di "depistaggi" e "mistificazioni". "Il depistaggio è negli atti – dice oggi -, nei registri scomparsi, nei fogli cancellati, nella storia delle indagini, nella decina di morti che in questi anni si sono susseguite". Ad addolorarlo profondamente oggi è la decisione dei pubblici ministeri romani di non andare avanti. "Capisco la complessità e la difficoltà di superare alcuni elementi diplomatici, ma bisogna rispettare le 81 vittime e i loro familiari che vogliono verità dopo 45 anni". Né per Anthony De Lisi oggi "possono più bastare le promesse del presidente della Repubblica", che in occasione dell'ultimo anniversario della strage aveva chiesto verità agli alleati. La richiesta della Procura di Roma apre per Anthony De Lisi "una ferita che non si riesce a rimarginare. Mia nipote oggi avrebbe 51 anni, mi hanno negato di capire che donna sarebbe diventata. E' uno strazio senza fine, difficile da immaginare". Poi la promessa. A stesso innanzitutto e alla sua famiglia. "Per quanto mi riguarda non mi arrendo – conclude -, non mi fermerò. Valuterò se posso ricorrere al Tribunale penale internazionale, ma qualcosa devo fare, lo devo a mia sorella, a mia nipote e anche ai miei genitori. Non c'è spazio per la rassegnazione, ma solo per la rabbia, una rabbia immensa che è quella che mi dà la forza di andare avanti". (di Rossana Lo Castro) —[email protected] (Web Info)



