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Trattare pienamente il tema dell’incontro con Dio

Nella notte di Natale di quest’anno, il Santo Padre Francesco aprirà la Porta Santa nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dando inizio al Giubileo del 2025. Una porta che si apre nel buio della notte come segno di speranza e invito alla fiducia. Essa è simbolo di Cristo stesso, che ci incoraggia ad incontrarlo e ricevere da lui grazia e perdono: «Io sono la porta», ci dice Gesù nel Vangelo, «se uno entra attraverso di me, sarà salvato» (Gv 10,9). Il Bambino di Betlemme diventa così la porta attraverso cui possiamo accedere a una vita rinnovata.


L’Infinito si racchiude nel finito, l’Eterno entra nel tempo, il Creatore si fa creatura: questo è il Natale. È la logica sorprendente di Dio che sceglie di manifestarsi nella vulnerabilità di un neonato, rivelando così il valore inestimabile della nostra umanità: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). In questo mistero del Verbo che si fa carne trova vera luce il mistero dell’uomo (cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 22).

Contemplando questo bambino adagiato nella mangiatoia, scopriamo allora una verità sconcertante: Dio non si è limitato a visitarci dall’alto, ma ha scelto di immergersi completamente nella nostra condizione umana. Ha voluto sperimentare la fragilità della crescita, le gioie e i dolori delle relazioni, persino il dramma della morte. Non è venuto per cancellare la nostra umanità, ma per mostrarci come viverla in pienezza, svelando pienamente l’uomo a se stesso e indicandogli la sua altissima vocazione: essere immagine viva del Dio invisibile, specialmente nell’accogliere la sua luce e nel vivere il suo comandamento nuovo dell’amore!

Oggi più che mai abbiamo bisogno di recuperare questa nostra vocazione alla pienezza umana. In un mondo che spesso ci spinge a fuggire dalla nostra fragilità, cercando rifugi illusori in realtà virtuali o in un individualismo esasperato, il presepe ci ricorda che è proprio nella nostra umanità condivisa che incontriamo Dio. Non dobbiamo cercare altrove: è qui, nella trama quotidiana delle nostre relazioni, nelle nostre fragilità accolte e condivise, nei gesti di cura reciproca, che si manifesta il divino.

Certo, le sfide non mancano: viviamo tempi segnati da conflitti apparentemente insanabili, da fratture sociali che si allargano, da un’arroganza sprezzante che minaccia il futuro stesso del pianeta. Eppure, proprio in questo contesto, il Bambino di Betlemme ci ricorda che Dio non ha smesso di credere nell’umanità. Anzi, continua a scommettere su di noi, chiamandoci a riconoscerci fratelli e sorelle in Lui. Natale significa allora proprio questo: abitare l’umano con tutti i suoi drammi e le sue speranze.

Vincenzo Viva

Vescovo di Albano

Nelle immagini le visite di oggi del vescovo all’ospedale Fate Bene Fratelli di Genzano e alle Suore nigeriane della Diocesi di Albano

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