Dalla ruzzola alla morra: i giochi tipici (e antichi) della città di Roma

Dalla ruzzola alla morra: i giochi tipici (e antichi) della città di Roma

A cavallo tra il XVII e il XVIII secolo Roma non godeva certo dell’importanza di oggi. La città si presentava piuttosto piccola, l’ambiente era perlopiù provinciale e i vari rioni sembravano quasi in competizione tra di loro, tanto che gli abitanti si divertivano a sfidarsi in qualche gioco all’aperto. Alcune di queste attività sono state tramandate fino ai giorni nostri, anche se non sono più praticate. Uno dei giochi più caratteristici veniva individuato senz’altro nella ruzzola, che dava il nome ad una ruota di legno inserita in un cerchio di ferro e che doveva essere lanciata lungo un dato percorso. Per svariati chilometri i giocatori seguivano le loro ruzzole, nella speranza di averle direzionate a dovere, in modo tale che potessero superare le curve delle strade e le eventuali irregolarità del terreno. Dato che per imprimere il senso di rotazione serviva una forza non indifferente, erano soprattutto i giovani dediti ai lavori di fatica a dilettarsi con questo gioco. La ruzzola era conosciuta anche in Emilia-Romagna, Toscana e Abruzzo e la si poteva vedere rotolare specialmente nelle zone di campagna. In mancanza di legname, qui talvolta la ruzzola era rappresentata addirittura da una grossa forma di formaggio.

Un’altra attività molto comune era quella legata alle bocce, che spopolavano soprattutto nel Campo Vaccino. Tuttavia, il sentimento agonistico veniva spesso esasperato ed erano frequenti le risse che scoppiavano tra i giocatori. Di solito, veniva messo in palio un litro di vino, motivo per il quale i vincitori, un po’ brilli, finivano col riscaldare gli animi e attaccare bottone. Per certi versi, gli epiloghi delle partite sembravano quasi far parte del gioco stesso, per quanto erano abituali.

Battute, insulti, doppi sensi: il rischio della zuffa era costantemente dietro l’angolo, così come nei giochi praticati con le monete. Di norma se ne lanciavano un paio in alto e i giocatori si disponevano in cerchio per poi scommettere sulla facciata che avrebbero esibito le monete una volta atterrate. Se entrambe le monete mostravano la figura del sovrano, il lanciatore si aggiudicava gli importi di tutte le puntate, ma non passò molto tempo prima che qualcuno pensasse di truccare le monete rendendo entrambi i lati simili…

Discorso a parte meritano i giochi di carte, che venivano comunque praticati all’aria aperta, specie nelle pause di lavoro. I giochi più comuni erano la zecchinetta, la bassetta, il faraone, il caffo e il trenta quaranta: il primo, in particolare, era molto conosciuto, per quanto proibito in quanto assumeva i connotati dell’azzardo, tanto che Bartolomeo Pinelli vi dedicò un’incisione a Trinità de’ Monti. Le carte divennero facilmente popolari perché dilettavano il più delle volte i mestieranti che transitavano quotidianamente presso le grandi piazze o gli spazi all’aperto. All’epoca ci si imbatteva in queste attrazioni quasi per caso: pensare che oggi le carte siano onnipresenti tra i giochi digitali del comparto online fa intendere chiaramente come la tecnologia abbia trasformato radicalmente certe abitudini. In ogni caso, anche le carte diventavano talvolta pretesto per dar vita a qualche discussione dal vivo.

Infine, è sicuramente meritevole di menzione la morra, tipico delle osterie all’aperto. A sfidarsi erano due coppie di giocatori: si gettavano dei numeri con le dita della mano destra, accompagnandosi con la voce, scandendoli a monosillabi. Il gioco richiedeva ai partecipanti di prevedere rapidamente quanti punti sarebbero stati conseguiti, anticipando gli avversari. Alla lunga la morra fu poi bandita dal governo pontificio. Il motivo? Le solite risse, con tanto di accoltellamenti. Per fortuna certi giochi continuano a vivere solo nei testi antichi…

Last Updated on 20 Febbraio 2024 by Redazione 2

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