Ariccia

Ariccia – Ieri, 27 marzo 2025, per il 26º anniversario di sacerdozio, ho scritto questa nota.

Cari fratelli e sorelle, è una grande gioia essere qui con voi per celebrare questa Eucaristia e ringraziare il Signore Gesù per questi 26 anni di servizio a Lui e alla Sua Chiesa.

In questi giorni ho riflettuto sul significato del ministero sacerdotale e mi sono accorto che essere sacerdote significa assistere al miracolo dell’incontro tra l’uomo e Dio, aiutando affinché questo miracolo si ripeta con sempre più persone. Il sacerdozio, infatti, non è un privilegio, non possiamo mai considerarlo così; è sempre un dono, un doppio dono: a Dio e agli uomini. Quel dono che il sacerdote fa di sé, un dono totale, senza limiti, fa da tramite al dono d’amore che l’Altissimo fa all’essere umano.

Nella persona del sacerdote, i fratelli trovano una mano che li sorregge, un abbraccio che li fa rialzare, una parola di conforto che li consola. E questo non perché siamo supereroi, persone speciali o fuori dal comune, ma perché ci rendiamo strumenti della Grazia del Signore. Perché, come Lui, non diventiamo sacerdoti per essere serviti, ma per servire.

In questi miei anni di servizio ho cercato, come dice San Paolo, di farmi “tutto in tutti”, per essere messaggero, con la parola e con la vita, della Buona Novella. Nei momenti belli e nei momenti più oscuri non ho contato solo su me stesso, ma ho chiesto a Gesù di prendermi per mano e indicarmi la strada giusta. Solo con Lui e in Lui si ha la certezza di vivere pienamente, di dedicarsi a qualcosa di veramente grande: la salvezza di ogni fratello e sorella, soprattutto di coloro che si trovano nell’oscurità della solitudine, nelle tenebre dell’abbandono, nella notte della prova, nell’ombra della malattia e della povertà.

Eccolo, il miracolo dell’incontro quotidiano tra l’umanità e il suo Creatore: vedere che Dio opera nella vita di una persona e che questa esistenza, piano piano, assume un colore e un sapore nuovo. E noi sacerdoti, se facciamo appieno il nostro dovere, siamo testimoni e facilitatori di questa Emmaus di ogni giorno.

In questo mio percorso ho visto e vissuto tante situazioni, di ogni genere, ma la fiducia in Cristo non mi ha mai fatto perdere la speranza che il Regno dei Cieli può essere costruito già qui, su questa Terra. Solo se la nostra fede non verrà meno, se continueremo ad avere una fede come quel granello di senape di cui si parla nel Vangelo, saremo ancora capaci di smuovere le montagne dell’odio e della rassegnazione e costruire la casa sulla roccia della nuova umanità.

Ringrazio il Signore Gesù per avermi voluto al Suo servizio come umile lavoratore nella Sua vigna e per non avermi mai fatto mancare la Sua spalla forte, dove appoggiarmi nei momenti di fatica e sconforto. Ringrazio i miei genitori, mia madre, che è qui con me, per avermi formato nella nostra fede cristiana con l’esempio e la testimonianza dell’amore concreto, e tutta la mia famiglia per il sostegno e la vicinanza.

Ringrazio i miei pastori, tutti, dal primo all’ultimo, che mi hanno fatto nascere il desiderio di servire il Signore e mi hanno accompagnato e sostenuto, dandomi vicinanza, affetto e fiducia. Ringrazio tutti gli appartenenti alle comunità parrocchiali che ho servito e, soprattutto, voi di questa nostra comunità di Ariccia, le autorità civili e militari, tutti quelli qui presenti e anche coloro che mi accompagnano e mi sostengono con il pensiero e la preghiera.

Vi ringrazio di cuore per tutti i momenti che abbiamo vissuto, sia quelli belli che quelli più impegnativi, e vi chiedo di continuare a pregare per me, chiedendo l’intercessione e l’affidamento al Cuore e alle cure di Gesù Cristo e al vostro cuore.

Don Antonio Salimbeni

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