piccola oasi alle mole

Venti anni di un progetto ambientale importante, realizzato con l’Università di Roma Tre, ma anche un luogo che per tante persone, rappresenta un riferimento per un percorso umano di inestimabile valore.

Di Emanuele Scigliuzzo

Albano – Proprio come nel deserto, la “Piccola Oasi delle Mole” rappresenta un punto di approdo per generazioni di ragazzi, oggi diventati adulti, passati per questo estremo lembo di natura, oggi più che mai, baluardo tra il cemento. Da quello che potrebbe essere considerato solo un piccolo appezzamento di terra utilizzato dagli scout, sono nati progetti universitari, ma anche ricordi di come un tempo, per ampi spazi, si distendeva la natura che oggi non c’è più come ha raccontato il poeta e scrittore Aldo Onorati. Un baluardo diventato riferimento anche per i ragazzi del progetto “Messa alla Prova” che proprio qui, immersi nella natura, hanno trovato il coraggio e la forza di riprendere in mano le loro vite. A prendersi cura di questo piccolo parco pubblico delle Mole di Albano è il primo gruppo Scout laico Albalonga 1° Federscout, che da venti anni se ne occupa con responsabilità e dedizione.

“Venti anni fa iniziava il progetto del Dipartimento di Biologia Ambientale dell’Università Roma Tre, in accordo con l’Ufficio Ambiente, dal quale è scaturito l’articolo ‘Azioni di ripristino ambientale presso un sito urbano: un esempio di Citizen management, Italia centrale, Biologia Ambientale’, redatto da Casini, Scalici e Battisti, e pubblicato su alcune riviste scientifiche. Dai primi interventi di bonifica e di salvataggio degli ulivi secolari strangolati dall’edera e senza cure da anni e avvolti dai rovi – racconta Silvia Argano, Presidente e Capogruppo dell’Albalonga 1° Federscout – mese dopo mese, un anno alla volta, abbiamo iniziato un’opera lunghissima di ripristino e miglioramento dell’area, sconvolta dai cantieri edili del 2000, che ha accompagnato generazioni di scout e volontari che sono cresciuti con la soddisfazione di vedere restituita alla comunità un pezzo piccolo ma significativo di quello che era una volta il territorio, come viene raccontato nei suoi splendidi libri dal nostro amico Aldo Onorati, che, alcuni anni fa, proprio qui, ci ha tenuto una “lectio magistralis”.

Un percorso non sempre facile: “abbiamo dovuto spiegare le regole di comportamento a chi portava cani e non raccoglieva le deiezioni, e fare lo stesso con alcuni confinanti, abituati ad usare il parco come discarica di ramaglie e altro. L’Università, che ha confermato la rimozione, durante i cantieri, di almeno 20 cm di strato fertile, ci ha raccomandato di non buttare via più nemmeno una foglia, per ripristinare il terreno e lo strato erboso”.

In tutto questo tempo il percorso si è impreziosito dalla realizzazione dell’orto botanico, dal posizionamento delle casette per uccelli e pipistrelli, dal laghetto che attira piccoli animali locali come ricci, ramarri e lucertole, ma ha vissuto anche momenti di sofferenza come nel 2016, con la nevicata che ha rischiato di far ammalare ulivi antichi anche di 600 anni e momenti tristi come la perdita del gigantesco Biricoccolo, ultimo in ordine di tempo. “Purtroppo l’area soffre di una cronica totale mancanza di acqua, che ha portato a morire decine di nuove piante ed alberi che ogni volta, a primavera, i volontari provano pazientemente a reinserire ci dice ancora Silvia Argano. Una mancanza quella dell’acqua sopperita utilizzando quella del vicino Dojo Zen, un paradosso se si pensa che all’interno della Piccola Oasi esiste un pozzo che rifornisce di acqua un intero consorzio di ville, ma non è stato previsto un rubinetto a servizio del parco. Abbiamo scritto una nuova lettera per aggiornarla sulla situazione all’assessora all’Ambiente Gabriella Sergi, invitandola a venirci a trovare.

Un impegno anche economico, visto la mancanza di aiuti dalle amministrazioni che si sono succedute negli anni, tramandato da generazioni di volontari tra scout, ragazzi del progetto “Messa alla Prova” e allievi delle Soss – Squadre Operative Soccorso Studenti che salvaguardano un’oasi di natura, ma anche di rispetto e inclusione sociale.

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