(Adnkronos) – Ai salvacuore. L'intelligenza artificiale è in grado di svelare un infarto in soli 37 secondi e potrà ridurre di quasi un terzo la mortalità dei cardiopatici più a rischio. Parola degli esperti della Società italiana di cardiologia, che all'85esimo Congresso nazionale Sic presentano il primo documento di consenso sull'impiego dell'Ai in cardiologia, evidenziandone ad esempio l'utilità nella diagnosi precoce di malattie come l'ipertensione o lo scompenso cardiaco, nella valutazione più accurata di elettrocardiogrammi ed ecocardiogrammi, ma anche di risonanze magnetiche e Tac.  E' "una sentinella infallibile per il nostro cuore, che nel prossimo futuro potrà aiutare a diagnosticare le malattie cardiovascolari sempre prima, a prescrivere le terapie migliori, a monitorare i pazienti per scongiurare eventi cardiovascolari fatali", spiegano gli specialisti in base ai risultati degli studi, "sempre più numerosi", che dimostrano l'efficacia dell'intelligenza artificiale nella gestione delle patologie cardiovascolari. I cardiologi citano, fra gli altri, "un ampio studio su quasi 16mila pazienti, pubblicato di recente su 'Nature Medicine': ha dimostrato che la mortalità a 3 mesi può ridursi del 31% associando l'Ai all'elettrocardiogramma per identificare i casi con una maggiore probabilità di andare incontro a un evento fatale".  "L'impiego dell'Ai nella valutazione degli elettrocardiogrammi è molto promettente anche per migliorare la diagnosi precoce dell'infarto", afferma Ciro Indolfi, professore straordinario di Cardiologia all'Università di Cosenza e past president della Sic, in congresso a Roma fino al 15 dicembre. "Uno studio su 362 pazienti sottoposti a Ecg prima dell'arrivo in ospedale – riferisce – ha dimostrato un'accuratezza del 99% nell'identificare i casi più seri, con tempi di valutazione medi di appena 37 secondi (circa 4 volte inferiori a quelli di un medico in carne e ossa), che hanno accorciato ad appena 18 minuti l'intervallo fra l'arrivo in clinica e la procedura di rivascolarizzazione".  Ancora, riporta Indolfi, "l'Ai si è rivelata efficiente nella valutazione degli esami Holter o per il telemonitoraggio di pazienti con defibrillatori impiantabili, e potrebbe rivelarsi decisiva per aumentare l'utilità dei dispositivi indossabili nella diagnosi precoce, migliorando l'analisi dei parametri raccolti. Anche l'analisi delle ecocardiografie, delle risonanze magnetiche e delle Tac può essere resa più precisa e approfondita grazie all'Ai, per la diagnosi di cardiomiopatie o di disfunzioni valvolari, o per la quantificazione della stenosi coronarica attraverso la valutazione delle angiografie, che ha dimostrato un'accuratezza superiore al 98% nell'identificare trombi e calcificazioni". Il documento di consenso sottolinea inoltre che "l'impiego di algoritmi di machine learning e intelligenza artificiale potrebbe anche migliorare la diagnosi di malattie come l'ipertensione e lo scompenso cardiaco", che dunque "potrebbero essere gestite in maniera più adeguata grazie all'accuratezza dell'Ai nella classificazione del rischio dei pazienti e quindi nella scelta fra le possibili terapie". Tante opportunità, da sfruttare sapendo però che "esistono anche criticità di cui tenere conto utilizzando l'Ai – puntualizza Indolfi – Non solo perché sono necessarie altre e più ampie ricerche per validarne le potenzialità e gli usi nella pratica clinica, ma soprattutto per gli aspetti etici e normativi su cui è necessario riflettere. Molti algoritmi, specialmente quelli basati sul deep learning – chiarisce il past president della Sic – operano spesso come 'black box', prendendo decisioni sulla base di calcoli complessi da decrittare per un umano, che quindi possono rendere difficile riconoscere eventuali errori o bias".  "E' altrettanto fondamentale – suggerisce ancora l'esperto – interrogarsi sulle modalità di introduzione dell'intelligenza artificiale per definire bene di chi siano le responsabilità di scelte dettate dagli algoritmi: la Fda" americana "classifica i prodotti di Ai 'software come dispositivi medici', mentre "il regolamento 'Ai Act' dell'Unione europea 2024/1689 impone ai produttori e agli sviluppatori specifici obblighi e caratteristiche in merito agli usi dell'Ai, per esempio proibendo applicazioni di Ai che potrebbero porre rischi troppo elevati, richiedendo requisiti stringenti per le applicazioni a rischio e imponendo valutazioni di conformità per tutti i prodotti da introdurre sul mercato, suddivisi in 4 classi a rischio crescente".  "La valutazione dei sistemi di Ai, che possono imparare e cambiare nel tempo con possibili effetti sulla loro performance – conclude Indolfi – pone sfide più complesse rispetto ai dispositivi medici tradizionali. Ma sarà importante affrontarle, per poter trarre i molti vantaggi che questi sistemi hanno da offrire". —salute/[email protected] (Web Info)